10/04/14

4 calici di vino



La Pasqua si avvicina e la maggior parte delle persone non hanno la minima idea di cosa rappresenta questa festa. Come sempre, una celebrazione spirituale ha assunto una connotazione commerciale, con le vendite delle uova di cioccolata che non ha nulla a che vedere con il senso reale.
In ebraico, Pasqua si dice Pesach, che significa passaggio, perché il popolo si ricorda di quando Dio passò sopra le case dei Figli d’Israele in Egitto, liberandoli dalla morte.

Quando i vostri figli vi chiederanno: "Che significa per voi questo rito?" Risponderete: "Questo è il sacrificio della Pasqua dell'Eterno, che passò oltre le case dei figli d'Israele in Egitto, quando colpì gli Egiziani e risparmiò le nostre case"». E il popolo si inchinò e adorò. Esodo 12:26-27

La celebrazione della Pasqua fatta dai giudei consiste in una festa che dura tutta la notte, in cui le famiglie restano mangiando, conversando, ricordando le loro storie, cantando, rallegrandosi e, ogni due tre ore, bevevano un calice di vino. Sono quattro calici che i giudei bevevano, ognuno con un significato spirituale.

Il primo si chiama calice di schiavitù, per ricordare che il popolo fu schiavo in Egitto. Il secondo si chiama calice della liberazione del popolo dall’Egitto. Il terzo si chiama calice della promessa. Il quarto ed ultimo si chiama calice della sofferenza.

Nella notte in cui il Signore Gesù fu arrestato, prima di andare al monte degli Ulivi, Lui stava commemorando la Pasqua, prese i primi e calici e usci prima che la festa terminasse. Per questo Egli disse:… Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice; tuttavia, non come io voglio, ma come vuoi tu. Matteo 26:39

Questo calice era il quarto, quello della sofferenza. Egli sapeva che avrebbe dovuto soffrire per salvarci. Per questo non fu possibile allontanare il calice. È molto grande il Suo amore per noi!

Dio vi benedica!

Blog vescovo Macedo.

Sembrava impossibile cambiare


A 10 anni, iniziai a sentire il desiderio di essere uomo e passai a vestirmi come tale, mi volevo sentire più sicura e protetta, da lì a poco feci di questo uno “stile di vita”. Iniziai a coinvolgermi con persone sbagliate e arrivai a essere minacciata di morte dal peggior trafficante del quartiere dove vivevo. Inoltre, ero molto nervosa e aggredivo fisicamente mia madre.
Mi piaceva molto mia nipote, la trattavo come una sorella minore, fino a quando un giorno lei iniziò a amoreggiare di nascosto e tutto l’amore che nutrivo per lei, si trasformò in odio.

Nei miei momenti di rabbia, bevevo vino che rappresentava il sangue di mia nipote e del suo fidanzato, sentivo una voce che mi diceva di ucciderla mentre dormiva. Nel momento di agire, non riuscivo, ma la voce insisteva, così per non fare alcuna stupidaggine decisi di cambiare città. Abbandonai l’università e andai via, ma l’odio aumentava sempre di più. Piangevo tutte le notti, non mangiavo, non avevo pace.

Passato un tempo, dopo molta sofferenza, tornai nella mia città e chiesi aiuto a mia madre, che decise di internarmi in un centro psichiatrico per sottopormi a un trattamento, poiché ero schizofrenica e pericolosa. Dentro avevo una lotta molto grande, io non volevo comportarmi in quel modo, ma era come se esistesse un’altra persona dentro me. Piansi molto e non accettai d’essere internata come pazza, poiché, in momenti di lucidità ero una ragazza normale, ma quando dominata dall'odio, mi trasformavo.

Così dissi a mia madre che volevo andare all'Universale. La iniziai a partecipare alle riunioni, anche se ancora con il cuore un po’ chiuso, per mesi, e con i pochi, attraverso dell’attenzione delle collaboratrici, andai aprendo il cuore, finché imparai e mi consegnai per intero. Fui liberata totalmente dall'odio, rancore, dalla voglia di uccidermi, dalla tristezza, angosce, vizi. Infine, quando ebbi un incontro con Dio, ebbi la vita totalmente trasformata. Lo Spirito santo mi trasformò dentro e fuori, e oggi posso dire che sono felice. Sono un’universitaria, ho pace con la mima famiglia, e allegria di vivere.

Juliana Aires - RS/Pelotas

Blog vescovo Macedo.

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