13/09/13

Il clamore dei morti / Blog Vescovo Macedo

Il clamore dei morti / Blog Vescovo Macedo

Le nostre scelte sbagliate ci conducono a cattivi risultati, per questo, ognuno deve imparare a pensare prima di decidere qualsiasi cosa, principalmente riguardo l’eternità.

Dobbiamo curare e risolvere le necessità di questo mondo, ma dobbiamo imparare a dare priorità alla nostra vita spirituale, e il segreto è: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio…” Matteo 6.33, questa deve essere la base delle nostre vite.

Pur avendo problemi, attraversando difficoltà, anche difficilissime,la cosa più importante è fare attenzione alla nostra vita spirituale e non ai problemi che ci circondano. Non ha senso essere perfetti esteriormente, se nell'interiore c’è depressione,solitudine, paura e rancore. In questo caso, non ci sarà niente e nessuno che ci possa aiutare. Non serve a niente riempire il vuoto interiore con le cose di questo mondo, perché non produce ciò di cui ha bisogno.

Gesù ci dice una cosa in particolare, e che ci serve come riferimento per il futuro della nostra anima. Il testo sacro dice: “C'era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente; e c'era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri, e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto.” Luca 16.19-22

Quando una persona muore, però nella vita rimase nella giustizia; ossia, dentro la volontà di Dio, non per il fatto di avere una religione, ma per l’obbedienza alla Parola di Dio – anche perché non tutti quelli che frequentano la chiesa sono obbedienti a Lei - non importa la classe sociale o qualsiasi altra posizione. Avendo camminato nella giustizia, al momento della morte, gli angeli vengono immediatamente per portare la sua anima al Regno della Giustizia. Questa è una ricchezza inestimabile, vale più di tutto l’oro del mondo, perché è una certezza che accompagna la persona fino alla morte.

“E nell'Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno.” Luca 16.23

Quando la persona vive nel peccato, nel furto, nell'odio, nell'amarezza, infine, tutto ciò che non va bene, nel momento della morte, non verranno gli angeli a riscattare la sua anima, perché lei è morta nell'ingiustizia. Dio porta i giusti in un luogo speciale, ma coloro che non hanno voluto consegnarsi a Gesù saranno portati direttamente alla sepoltura. Sappiamo che la persona, morendo senza Gesù, viene portata all'inferno, che è il luogo degli ingiusti.
Chi vuole conservare l’anima deve proteggersi dall'ingiustizia, perché non è la strada giusta per chi vuole la salvezza eterna. L’anima di coloro che si trovano all'inferno si lamenta, perché sono tormentati. Chi è nato da Dio non teme la morte, anzi, la deride perché lei non ha più potere sulla sua vita, però, quando manca questa sicurezza, la persona vive e morirà tormentata. Quanto più tempo passa, più paura della morte avrà la persona.
Dio ha permesso che dall'inferno il ricco vedesse Abraamo, che era l’esempio di fede, l’amico di Dio, per evidenziare la differenza tra chi vive nella giustizia e chi no.

“Ed esclamò: Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell'acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma". Luca 16.24
Il tormento è infinitamente peggiore della sofferenza, perché il dolore fisico si può alleviare con le medicine, ma niente è in grado di alleviare il tormento. Egli si trovava all'inferno non perché era ricco, ma perché si è affidato solo alla ricchezza, come molti si affidano solo nella forza delle loro braccia. 
Tu a chi ti sei affidato? 
Alla religione? 
Ai familiari? 
Al patrimonio? 
Alle persone?

“Ma Abraamo disse: "Figlio, ricordati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato.” Luca 16.25
Nel testo può sembrare che i ricchi vadano all'inferno e i poveri in cielo, ma non è così. Tanto il povero quanto il ricco possono andare all'inferno, e questo dipende soltanto dalla persona, che decide di vivere una vita di giustizia o ingiustizia.
Quando la persona muore, lei andrà dove le piace. Se qui nella vita lei vive per l’ingiustizia, l’inferno grida per la sua anima.
“Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi". Luca 16.26

Dopo esser morto, non è possibile un trasferimento dall'inferno al cielo. “Ed egli disse: "Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento". Abraamo disse: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli". Ed egli: "No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno". Abraamo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita". Luca 16.27-31
Infatti chi è già morto ed è andato all'inferno sta gridando, disperatamente, affinché coloro che sono vivi non vadano a finire là. Sono disperati per evitare che anche i familiari siano lanciati all'inferno e debbano avere il tormento che stanno avendo loro.
Lavoriamo ogni giorno per la tua anima, ma non siamo responsabili della tua vita là fuori, non siamo responsabili delle decisioni che prendi.

Le nostre preghiere non servono a niente per quelli che sono già morti, perché ognuno decide dove andrà ancora in questa vita. Questa è razionalità, intelligenza!

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