01/09/14

Servire a Dio è un presente


Ma tu e i tuoi figli con te eserciterete il vostro sacerdozio in tutto ciò che riguarda l'altare e che è di là dal velo; e presterete il vostro servizio. Io vi do il vostro sacerdozio come un dono per servizio, ma l'estraneo che si avvicinerà sarà messo a morte. Numeri 18:7

L’amore di Dio per il Suo popolo era tanto grande che Gli fece prendere la decisione di scendere dalla Sua magnifica dimora, il cielo, e abitare tra loro in una tenda nel deserto.

Con la stabilità del Tabernacolo, vi fu la necessità di trovare persone che potessero servire con il massimo zelo. Questo nuovo luogo sarebbe stato il punto d’incontro tra l’Altissimo e l’uomo. Tutto l’ambiente, il servizio e le intenzioni dovevano essere sante perché Dio Si sentisse a casa, così bene come se stesse in cielo, circondato dalla santità. Ma, chi sarebbe stato pronto per questo grande privilegio?

Quali criteri Egli usa per affidare responsabilità tanto importante?

Lo zelo, manifestato dai leviti nel non accettare l’iniquità in mezzo al popolo, attrasse l’attenzione dell’Eterno Dio, ma questa scelta è, soprattutto, un favore immeritato, poiché nessun merito o qualità umana potrebbe dare le condizioni per quest’altezza.

La scelta fu fatta. La tribù dei Levi ricevette la missione che fu denominata da Dio come un dono. Offerto in dimostrazione di amore e fiducia a loro. Da loro uscirono i leviti, i sacerdoti e il sommo sacerdote. Ognuno con una funzione specifica, nel frattempo, avrebbero raggiunto l’esito nell’Opera soltanto se non avessero fatto per imposizione o obbligo il loro lavoro.

Era dovere dei sacerdoti zelare per la santità del Tabernacolo, non permettendo che fosse profanato, poiché Dio non li avrebbe risparmiati se questo fosse accaduto. Si prendevano cura dell’altare, del Santuario e dei sacrifici.  Nessun altro  poteva fare questo!

Non potevano inventare qualcosa differente da ciò che gli era stato ordinato, né emanare le loro responsabilità ad altri.

I leviti erano gli ausiliari dati dallo stesso Dio ai sacerdoti come regalo perché non camminassero sovraccaricati. Però, le loro responsabilità erano differenti. Loro aiutavano nella manutenzione e nel trasporto del Tabernacolo, quando Israele toglieva l’accampamento.

Nel frattempo, non potevano toccare gli utensili sacri, realizzare sacrifici di animali, bruciare l’incenso sacro, riporre l’olio del candelabro o cambiare i pani dal tavolo della presentazi0one ogni sabato.

Se non avessero seguito queste direttive, tanto loro, come anche i sacerdoti sarebbero stati puniti. Le decisioni e l’organizzazione del lavoro non aspettava a loro, ma come buoni aiutanti, obbedivano a tutta la direzione data.

Così apprendiamo come l’Altissimo desidera essere servito oggi.

Amministrare le cose sacre è motivo di gloria indescrivibile e mai un fardello. Ognuno sviluppa bene il suo regalo nel servire quando lo fa con timore, piacere e santità.

In quell’epoca due sacerdoti, Nadabe e Abiu, sbagliarono nel presentare un fuoco estraneo, ossia, usarono brace che non erano dell’altare dell’olocausto per accendere l’incenso.
Loro furono negligenti e non esercitarono il loro dovere sacerdotale come Dio aveva ordinato, ma fecero a modo loro. Furono sterminati dentro il Santuario, pur essendo figli di Aronne, il sommo sacerdote.

Per questo motivo è scritto: Maledetto colui che compie l'opera dell'Eterno fiaccamente! Geremia 48:10

Al sommo sacerdote fu data la responsabilità di attraversare i tre veli, giungere fin dove nessun altro  uomo poteva entrare: il Santo dei santi. Era il rappresentante del popolo e riceveva la direzione venuta direttamente dall’Altissimo.

Servire a Lui è un presente sublime ed esclusivo dato soltanto a chi fu scelto.
Nell’Opera di Dio non vi è un luogo per gli avventurieri e gli estranei, ma si per i servi sinceri, timorosi e fedeli.

Blog: vescovo Macedo.
http://www.bispomacedo.com.br/it

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